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La pizza nel resto del mondo

Il riconoscimento dell’Unesco del ruolo del pizzaiolo come patrimonio dell’umanità è arrivato solo nel 2017.

Ciò ha permesso di proteggere l’integrità della ricetta originale della pizza solo fino a un certo punto, perché ormai il nostro piatto più celebre aveva già subito innumerevoli mutazioni, trasformato in altre pietanze (ma sempre precedute dal nome “pizza”) man mano che la sua presenza nel resto del mondo si andava espandendo.

La Deep Dish e altre “atrocità”

Uno dei casi più clamorosi di bastardizzazione della pizza all’estero è la pizza considerata tradizionale a Chicago, la celebre “Deep Dish Pizza”, che all’atto pratico è una torta rustica ripiena. Dopo la preparazione essa viene immersa nell’olio bollente fino a completamento della cottura.

Un italiano moderno storcerà sicuramente il naso, ma se analizziamo la sua ricetta potremo intravedere elementi antichi che rimandano alle primissime pizze, proprio quelle dolci in auge a Napoli nel 1700, oltre che all’elemento della frittura, come nel panzerotto e nella pizza, appunto, fritta, tipico della cucina povera napoletana laddove non c’era l’accesso a un forno.

Altri tentativi di adattare la pizza al contesto geografico nel quale si vive saranno più complicati da giustificare: rimane inspiegabile la pizza proteica alla farina di cavolfiore, di gran moda in Nord Europa, o quella fatta con lo Yorkshire Pudding, difficile anche da spiegare a chi non abbia familiarità con la celebre focaccina britannica, la quale viene proposta in alcune parti – ovviamente – dell’Inghilterra.

Per un excursus sui gusti di pizza più di moda all’estero, vi rimandiamo a un successivo post!