Storia della pinsa, la pizza degli antichi Romani
Un capitolo a parte, in questo nostro percorso di divulgazione sulla pizza e i suoi annessi e connessi, lo merita la pinsa. Con un nome così, su un sito così, non c’è dubbio che si tratti di una preparazione analoga alla pizza: ormai sono pochissimi gli italiani che non ne hanno mai assaggiata una.
Una pietanza antichissima
I motivi del suo ritorno in auge non sono chiarissimi: sono circa 15 anni che si è tornati a parlare di pinsa, a servirla, a cucinarla in locali spesso separati dalle pizzerie classiche, ma arredati più o meno negli stessi modi: classici poster alle pareti, tovagliati essenziali, mobili al limite del minimalista. Qualcuno potrebbe non cogliere la differenza!
La pinsa 2.0 è tornata sulle nostre tavole grazie a un imprenditore di nome Corrado Di Marco, appassionato di storia romana.
Questo perché la pinsa, in effetti, era un cibo dell’antica Roma, cucinato velocemente su pietre arroventate (come l’attuale torta al testo umbra), specialmente quando si era lontani da casa e c’era bisogno di un pasto veloce. Una sorta di street food ante litteram che gli storici ci hanno spiegato aver avuto molta fortuna presso i soldati impegnati in campagne militari.
L’origine della pinsa è però ancora precedente: forse non tutti sanno che il frumento è stato introdotto nella dieta degli antichi romani solo dopo l’inizio degli scambi commerciali con i greci. Precedentemente a ciò, a Roma e dintorni si usavano essenzialmente farine di farro o di ceci. Tuttavia, dopo a seguito del processo di panificazione, queste farine risultavano un po’ “poverine” e non altrettanto morbide.
La farina di grano, una volta arrivata a Roma, ebbe un enorme successo, e i panettieri diventarono figure richiestissime, che giungevano spesso dalla stessa Ellade. Va sottolineato che anche nell’attuale Grecia o Turchia esistono pani bassi e dalla forma allungata che si chiamano pita, o pitta: secondo noi, quei primissimi artigiani dell’impasto portarono con sé delle ricette della madre patria, che col passare del tempo sono diventate qualcosa di tipicamente romano. Come la pinsa, appunto!
Le differenze con la pizza
La pinsa contiene di solito un mix di farine di frumento, soia e riso, oltre che più acqua e meno lievito: essendo anche di dimensioni più piccole rispetto alla cugina maggiore, risulta quindi più “magra” e leggera.
Un’altra differenza sostanziale è la forma, mai tonda ma ellittica o comunque allungata. Se vi portano una “cosa” tonda spacciandola per pinsa, sappiate che siete capitati nel locale sbagliato!
I condimenti possono essere gli stessi della pizza tradizionale, ma bisogna tener presente che nella Roma antica la pinsa era più o meno l’equivalente di un vassoio commestibile sul quale appoggiare altre cose da mangiare (carne, formaggio…): è lo stesso meccanismo con cui si usa il pane injera, un piatto tipico della cucina del Corno d’Africa. Chissà che anche quello non sia nato dagli scambi con la Grecia?